Il Ludus Magnus
        "Si è saputa una cosa mai successa nell'esercito sotto i generali precedenti. Il 
            console Publio Rutilio per meglio addestrare i soldati a maneggiare le armi è 
            andato a chiamare gli istruttori della scuola di gladiatori di Caio Aurelio 
            Scauro. In questo modo le nostre legioni hanno appreso una tecnica più razionale 
            di difesa e di offesa. Mi sembra giusto. Il coraggio non basta: deve essere 
            completato da una tecnica più accurata. Quelli che combattono nell'arena, 
            proprio per il mestiere che fanno, conoscono molto bene la lotta corpo a corpo" 
            (Valerio Massimo, V. Maximi Factorium Et Dictorum Memorabilium, II, 3, 2)
            
                
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                            Il Ludus Magnus, la maggiore scuola di Roma per 
            l'addestramento dei gladiatori imperiali, è un edificio a più piani. Si 
            conservano ancora i resti di 14 celle di alloggiamento al piano terra, nelle 
            quali non si trova traccia di letti: gli occupanti dormono probabilmente a terra 
            su giacigli. Ogni cella di circa 20 metri quadrati ospita uno o due gladiatori, 
            che sono in tutto circa un migliaio. Nel piccolo anfiteatro della scuola, di cui resta parte 
                            della curvatura, i gladiatori si esercitano sotto il vigile sguardo dei 
                            carcerieri, degli istruttori e di circa  | 
                    
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         1.200 spettatori, invitati ad assistere all'addestramento.
        Un corridoio conduce nei sotterranei del Colosseo. Il 
            sottopassaggio, ancora incompiuto sotto Domiziano, è inaugurato da Traiano e 
            rifinito da Adriano.
        Tra le più antiche scuole di gladiatori c'è quella di Capua, 
            luogo da cui partì la sanguinosa rivolta di Spartaco. I gladiatori della scuola 
            imperiale di Capua sono detti inizialmente Juliani (in seguito 
            Neroniani) perché addestrati nella prestigiosa familia gladiatoria 
            istituita nel 49 a.C. da Giulio Cesare. Nel ludus i gladiatori ricevono 
            una dieta particolare, mirata ad irrobustire la loro muscolatura. Plinio dice 
            che ai gladiatori si dà il nome di hordearii (gonfi d'orzo). Il loro 
            trattamento all'interno della scuola è diverso, secondo che si tratti di 
            prigionieri o di condannati sottoposti ad una particolare più stretta vigilanza 
            oppure di gladiatori volontari (auctorati), nelle cui celle della scuola 
            di Pompei si sono trovate armi e persino tracce della presenza di donne di alto 
            rango. A Roma ci sono quattro scuole di gladiatori. In una di queste, il 
            Ludus Matutinus, della quale non restano tracce, i cacciatori (venatores) 
            si addestrano a combattere contro le bestie. Le altre tre scuole, Ludus 
            Magnus, Gallicus e Dacicus, che risalgono a Domiziano, sono 
            situate accanto al Colosseo. Adiacenti alle scuole ci sono altri edifici: lo 
            spoliarium dove vengono portati i cadaveri delle vittime; il saniarium, 
            dove si curano i feriti e si riparano le armi; l'armamentarium, in cui si 
            custodiscono le armi. L'addestramento viene impartito da un istruttore (doctor 
            o magister). Ci si allena a tirare contro un palo con un fioretto di 
            legno (rudis). Il gladiatore principiante viene detto novicius, 
            quello esordiente tiro (donde il moderno termine "tirocinio"). Se questi 
            esce indenne dal primo combattimento diviene veteranus. Un bravo 
            gladiatore può ricevere il titolo di primus palus e raggiungere così 
            l'apice della sua carriera, alla fine della quale è congedato con la consegna di 
            un simbolico bastone (rudis) ed entra nella categoria dei rudiarii, 
            chiamati ad addestrare nelle scuole (doctores) o anche a divenire 
            arbitri.
            
            fonte: Spettacoli del Colosseo: nelle cronache degli antici, di Domenico Augenti
            
            
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